Il 20 marzo 1842 il delegato apostolico di Ascoli mons. Andrea Pila informa il ‘Segretario per gli affari interni‘ dello Stato della Chiesa, il cardinale Mario Mattei, che ‘alcuni benemeriti Cittadini’ del capoluogo piceno hanno pensato ‘di stabilire [nella loro] città una Cassa di risparmio a vantaggio della Popolazione, a somiglianza di quanto si pratica in alcune altre Città. Con questo scopo se n’è redatto l’analogo Regolamento, il quale ha già ottenuto molte firme, ed in breve si è sicuro di riceverne il numero completo per avere in Cassa quella somma stabilita dal Regolamento stesso. Da ciò V.ra Eminenza R ma ravviserà che il pensiero de’ sudetti Cittadini è stato accolto generalmente con plauso, e che si vedrà con profitto in specie dalla classe degli Artieri istituita una Cassa di risparmio. Per ciò ottenere io mi onoro rassegnare a V.ra Eminenza R.ma il Regolamento succitato con preghiera di sottoporlo alla Santità di Nostro Signore impetrandone la di Lui Sovrana approvazione, non che l’esenzione per esso della Tassa di Registro. L’animo gentile della V.ra Eminenza R.ma, inclinato sempre a beneficare e promuovere i maggiori vantaggi in favore delle Popolazioni, ed insieme de’ poveri assicura della valevole di Lei mediazione per la Sovrana annuenza‘.
Nella lettera mons. Pila fa riferimento ad un’attività svolta per procedere alla costituzione della Cassa e alla redazione del suo ‘Regolamento‘ (= Statuto).
Il ‘Regolamento organico‘, esemplato su quelli delle altre Casse dei domini pontifici, consta di trentadue articoli. Le sue norme fondamentali sono: la Cassa è una società anonima (art. 2); il suo capitale iniziale non può essere inferiore a mille scudi; le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni nominative infruttifere del valore nominale di dieci scudi (art. 3); il socio deve sottoscrivere almeno un’azione (art. 5); l’azionista ha diritto ad un solo voto nell’assemblea dei soci a prescindere dal numero delle azioni sottoscritte (art. 6); in caso di recessione l’azionista non può chiedere il rimborso della quota versata (art. 9); l’amministrazione della Cassa può essere affidata solo ai soci; l’assemblea degli azionisti nomina un Consiglio di amministrazione di dieci membri a scrutinio segreto (artt. 10 e 12); il Consiglio si compone di un presidente, un vicepresidente, sei consiglieri, di cui uno funge da segretario, un ragioniere e un cassiere (art. 10); gli incarichi sono gratuiti e durano un triennio; i consiglieri, comunque, sono nominati per un periodo di sei anni, ‘rinnovandosene tre al termine di ogni triennio’ per garantire l’indirizzo amministrativo dell’Istituto. ‘Tre dei sei Consiglieri nominati [al momento della costituzione della società] cesseranno dopo un solo triennio cavati a sorte’ (art. 11); le deliberazioni della società sono prese a maggioranza semplice; l’assemblea è regolarmente costituita con la presenza di un terzo dei soci (art. 16); per la validità delle deliberazioni del Consiglio di amministrazione è necessaria la presenza di almeno sei consiglieri (art. 17); l’assemblea dei soci e il Consiglio di amministrazione sono convocati dal presidente (art. 15); gli stipendiati sono due : ‘uno Scrittore estraneo al corpo degli azionisti ed un Portiere che sappia leggere e scrivere’ (art. 14); la Cassa è aperta al pubblico la domenica e il mercoledì dalle undici alle tredici. I depositi si effettuano la domenica e i prelievi il mercoledì.
A Natale, se cade di mercoledì o di domenica, e a Pasqua l’apertura è posticipata di un giorno; i depositi non possono essere inferiori a mezzo paolo né superiori a cinque scudi (art. 18); le somme fino a due scudi possono essere ritirati a vista. Per i prelievi maggiori occorre un preavviso di quindici giorni (art. 21); il saggio degli interessi decorre dal giorno successivo a quello del deposito ed è del quattro per cento ‘in ragione di anno’. Per essere fruttiferi, i depositi devono ammontare almeno a venticinque baiocchi (art. 22); al momento del primo deposito la Cassa rilascia al cliente un libretto per annotarvi i versamenti e i prelievi (art. 25);la presentazione del libretto è indispensabile per operare prelievi (art. 26); lo smarrimento del libretto va denunciato tempestivamente (art. 27); l’Istituto ha l’obbligo di dare alle stampe il rendiconto annuale con i dati relativi ai depositi, ai ritiri e ‘allo stato dell’amministrazione’ (art. 29); i bilanci annuali devono essere controllati da due sindaci eletti dall’assemblea dei soci. Non possono essere eletti alla carica di sindaci i non soci né i membri del Consiglio di amministrazione (art. 30); gli utili della Cassa devono erogarsi solo ‘in opere di pubblica utilità (art. 31); in caso di scioglimento e di liquidazione dell’Istituto occorre soddisfare innanzitutto i creditori, mentre i ‘Capitali rimanenti’ vanno destinati ‘in opere di pubblica utilità (art. 32).
Come ricorda un’epigrafe edita a spese dell’Istituto nel 1842, il personaggio centrale della fondazione della Cassa di Risparmio è il delegato apostolico mons. Andrea Pila, nominato nel 1858 ministro degli affari interni dello Stato pontificio
ANDREAE PILA COM.
DELEG. PROV. ASCUL. REGUND.
PATRIC. SPOLETANOR. ET ASCULANOR. NOB.
EQUIT. MAURIT. SABAUD.
IUSTITIA SOLLERTIA STUDIOQ. UTILIUM OPERUM SPECTATISSIMO
QUOD PLATEIS ET VIIS IN PLANITIEM REDACTIS
PONTIBUS UBICUMQUE ADDITIS
THEATRO ETIAM AB INCHOATO EXSTRUCTO
COMMODIS ET ORNAMENTO URBIS N. PROSPEXERIT
AGRORUM CULTURAE SECURITATEM
PONDERIBUS ET MENSURIS AEQUITATEM INTULERIT
MENSAM FENERATORIAM
PARCIMONIAE FOVENDAE SUMPTUUM PRIVATOR. FUNDAVERIT
RESTITUTOR INDUSTRIAE OSOR DESIDIAE VITIORUMQ. CONSORTIUM
COETUS SOCIORUM MENSAE EIUSDEM
ANTISTITI OPTIMO PROVIDENTISSIMO
OB INSIGNIA ERGA OMNES MERITA PP
AN MDCCCXXXXII
‘Al conte Andrea Pila, delegato della provincia di Ascoli, patrizio di Spoleto e nobile ascolano, cavaliere dell’ordine sabaudo dei Ss. Maurizio e Lazzaro, eccellentissimo per equanimità, avvedutezza e sollecitudine nella realizzazione di opere di pubblico interesse, come attesta l’impegno profuso nel livellare le piazze e le vie, nel promuovere la costruzione di ponti in ogni angolo della delegazione ed anche nel fabbricare dalle fondamenta un teatro a vantaggio e decoro della città; come evidenziano gli interventi a favore dell’agricoltura e le norme emanate per un più oculato controllo dei pesi e delle misure; come dimostra la fondazione di una Cassa di Risparmio per invogliare alla parsimonia e all’eliminazione delle spese superflue; come sottolineano le premure usate per incrementare l’industria e combattere l’ozio padre di tutti i vizi. Nell’anno 1842, gli amici più intimi e affezionati offrono questa iscrizione all’ottimo e molto previdente delegato per i meriti non comuni acquisiti nei confronti di tutti’
Il ruolo avuto da mons. Pila nella fondazione dell’Istituto non deve sorprendere. Di regola nello Stato della Chiesa l’apertura delle Casse di Risparmio è promossa, su suggerimento del ministro degli affari interni, dai delegati apostolici, i quali provvedono alla stesura dello Statuto, al collocamento delle azioni e all’espletamento delle pratiche necessarie per ottenere l’approvazione del pontefice.
Mons. Pila acquista pure un carato (= azione) della Cassa, che donerà all’Istituto al momento del suo trasferimento a Frosinone il 27 gennaio 1843.
Insieme con quello del delegato apostolico, nell’elenco dei primi azionisti figurano il vescovo di Ascoli mons. Gregorio Zelli Iacobuzzi, il solo sottoscrittore di due azioni, e molti ‘egregi cittadini, amatori del loro paese‘ appartenenti alle tre principali classi sociali della città: clero, nobiltà, borghesia.
In una lettera datata 6 aprile 1842, il cardinale Mattei si compiace con mons. Pila per l’istituzione di una Cassa di Risparmio ad Ascoli e lo sollecita a completare l’elenco dei soci per chiedere ‘l’approvazione sovrana‘.
Undici giorni dopo il delegato apostolico invia a Roma l’elenco definitivo dei sottoscrittori e, nell’udienza del 25 aprile 1842, il cardinale Mattei presenta al pontefice Gregorio XVI la seguente memoria: ‘Da alcuni benemeriti cittadini di Ascoli riuniti in società anonima, si èproposta la istituzione di una Cassa di risparmio simile a quelle attivate nella Capitale, ed in molte altre città dello Stato pontificio. Il regolamento d’istituzione trasmesso da Mons. Delegato è in tutto e per tutto uniforme a quello che si osserva in altri luoghi in seguito ad approvazione della Santità Vostra. Le persone che sonosi sottoscritte per formare la Società non offrono alcuna contraria osservazione, figurando per il primo Mons. Vescovo, quindi il Delegato, moltissimi Ecclesiastici, ed i nomi delle primarie famiglie della città, siccome si legge nell’unito elenco. Non resta quindi se non che la Santità Vostra si degni di sanzionare il regolamento per la proposta attuazione, ed inoltre di dare il Sovrano oracolo sulla grazia implorata ad esempio di quanto è stato concesso a tutte le altre Casse di risparmio, di esentare cioè dal bollo i libretti di credito in uso per i depositi di risparmio‘.
Il 30 aprile 1842, il cardinale Mattei comunica a mons. Pila l’approvazione pontificia con il seguente dispaccio: ‘Dall’Udienza di Nostro Signore. Li 23 Aprile 1842. La Santità di Nostro Signore Gregorio Papa XVI, accogliendo benignamente la domanda per la istituzione in Ascoli di una Cassa di risparmj da amministrarsi da una Società anonima composta di benemeriti Cittadini di quel Luogo, si è degnata di approvarne il Regolamento formato da trentadue articoli ed ha espresso il Sovrano Suo desiderio per la sollecita attivazione della sudetta Cassa. Dalla Segreteria per gli Affari di Stato interni, Roma il dì, ed Anno suddetti. Firmato Mario Cardinale Mattei’. In una nota allegata al dispaccio il cardinale Mattei fa presente al delegato apostolico che, ‘visto che il Superiore governo non può avere (ad Ascoli) quella immediata vigilanza che gli èfacile di usare in Roma, si reputa conveniente che sia destinato un Commissario a scelta di V. E. tra le persone le più probe ed estimate della Città con incarico di invigilare al suddetto fine per parte del governo‘.
Lo stesso giorno, il cardinale Mattei informa la Tesoreria generale dello Stato che Gregorio XVI ha esentato i libretti della Cassa di Risparmio di Ascoli dall’imposta di bollo.
Il 28 maggio 1842 mons. Pila invita il gonfaloniere di Ascoli Francesco Cappelli a convocare l’assemblea degli azionisti per procedere all’elezione del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto. La riunione ha luogo nel palazzo dell’Arengo tre giorni dopo e vi partecipano quarantatrè dei centocinque soci. Al termine delle votazioni risultano eletti:
Presidente: cavaliere OTTAVIO SGARIGLIA DALMONTE
Vice Presidente: GIOVANNI VITALI
Segretario: conte EMIDIO AMBROSI SACCONI ROSATI
Consiglieri: EMIDIO ARPINI
FRANCESCO CAPPELLI
cavaliere IGNAZIO COLUCCI
don LUIGI CROCETTI
avv. ANTONIO TRANQUILLI
Cassiere: SANTE IANNI
Ragioniere: don PIETRO COSTANTINI.
Subito dopo la nomina, il cassiere Sante Ianni rassegna le dimissioni ‘a motivo delle molteplici ed interessanti brighe in cui ritrovasi come Amministratore Camerale e Provinciale, del Macinato, ed esattore della Società per la nuova Fabrica del Teatro, cose tutte che gli impediscono di assumere altri impegni‘. Riconvocata immediatamente, l’assemblea degli azionisti lo sostituisce con un altro dipendente della delegazione, Benedetto Recchi.
Nel mese di giugno si disbrigano tutte le formalità per l’apertura della Cassa: il giorno 2 il delegato apostolico comunica al presidente Ottavio Sgariglia Dalmonte che Filippo Natali è stato nominato ‘Commissario del Governo presso la Cassa’ a partire dal 15 il cassiere Recchi procede alla riscossione delle somme sottoscritte; il 16 si decide di inaugurare la Cassa il primo luglio; il 20 il vescovo Zelli Jacobuzzi concede la dispensa di tenere aperto lo sportello nei giorni festivi (‘Niuna difficoltà – scrive il presule al presidente Sgariglia Dalmonte – che la Cassa di Risparmio, istituita dal caritatevole impegno di giovare alla Classe indigenta, sia aperta nei giorni di Domenica; siccome, però, l’opera di Carità deve combinarsi con quella di Giustizia, ed il sollievo de’ poveri non deve nuocere, anzi deve cooperare all’adempimento della Santificazione della Festa, è necessario determinare l’ora dell’apertura in maniera che non accada essa durante i divini Uffici‘, ossia prima delle ore 11).
L’apertura della Cassa è annunciata alla popolazione dai pulpiti di tutte le chiese della diocesi e da un manifesto, nel quale sono riassunti gli scopi e le funzioni dell’Istituto: ‘La Fama de’ morali economici vantaggi per tutta Italia prodotti dalla benefica istituzione delle Casse di Risparmio giunse anche a Noi, ed infiammò di santo amore un ragguardevole numero di Cittadini ad unirsi in Società anonima, prestando gratuitamente opera e capitale per istituirne una in questa nostra Città. Il Regolamento già fatto di pubblica ragione con le stampe ottenne la benigna Sovrana Approvazione come da Decreto della eccelsa Segretaria per gli affa ri di Stato interni del 25 Aprile 1842 N. 29119. Col primo Luglio 1842, lo Stabilimento della Cassa di Risparmio situato nel secondo piano del Palazzo Comunale sarà aperto al pubblico colle norme che qui a piedi si leggono. Enumerare i pregi e l’utilità di ‘ questo laudevolissimo trovato sembra oggi cosa frustranea; ma se al buon volere di Coloro che la sant’opera incominciarono, quello unirassi di tutti gli altri Cittadini, abbondevole frutto al certo ne raccorremo Preghiamo pertanto ogni Ceto di persone, e quello sovra ogni altro de’ Reverendi Parrochi, a giovare questa novella istituzione consigliando, persuadendo, dando altrui l’esempio e sebbene Essa intenda di ajutare l’ordine del popolo meno agiato, non mancherà nullameno nelle occorrenze anche ai benestanti bisognosi di’ qualche sovvenzione alle loro industrie, e di serbare e crescere un Capitale destinato a qualche futuro disegno di famiglia. Sovvenire il popolo co’ suoi proprj danari è il vero scopo delle Casse di Risparmio. L’Artigiano, l’Operajo, l’Agricoltore, l’Uomo, la Donna di servizio possono tutti alla fine di ogni settimana depositare alla Cassa. Quel Paolo, quel testone successivamente depositati in pochi anni : co’ frutti, e i frutti de’ frutti formeranno quel capitale che tornerà sì opportuno nelle calamitose vicende della vita. Le infermità, la mancanza di lavoro, gli anni di scarsezza, la vecchiaja infine troveranno ristoro negli accumulati risparmj, ed allora si benedirà il giorno in cui si fece proposito di soccorrere risparmiando alle incertezze dell’avvenire. A raggiungere sì fatto scopo peraltro v’è bisogno di sobrietà, di economia, di perseveranza. Bisogna sottrarre qualche cosa alle contratte abitudini; bisogna togliere al vitto, al vestito, ai sollazzi quella parte specialmente che meno confassi con un vivere temperante. Col riflettere alle incertezze del futuro è d’uopo farsi un’abitudine all’economia; da essa nascerà la perseveranza ai risparmj che dalla Cassa saranno gelosamente custoditi e con ogni zelo posti in valore perchè ritornino aumentati. Istruzione ed economia sono le basi sovra cui riposa l’edifizio della pubblica sicurezza e della privata felicità: la prima redimendo l’uomo da uno stato quasi brutale lo fa riflettere; la riflessione gl’ispira la seconda, e questa lo fa amante dell’ordine, del giusto, e dell’onesto. Chi non sa la maggior parte delle dissenzioni domestiche derivare dall’ubbriachezza, dal giuoco, e da simili riprovate passioni? Possa, dunque, crescer nel Popolo l’abitudine al Risparmio e da questa sola virtù udremo germogliare la sobrietà, la temperanza, la sanità del corpo, l’ilarità della mente, la pace domestica, l’amor della famiglia, l’amicizia dei prossimi, una più agiata vita fra tutti i nostri concittadini; e paghi allor saranno i voti di Coloro che spesero capitali e opera per istabilire fra noi la Cassa di Risparmio‘.
Mentre elogia ‘coloro che hanno speso capitali ed opera per istabilire‘ ad Ascoli una Cassa di Risparmio, definita una ‘sant’opera‘ e un ‘laudevolissimo trovato‘, e individua il target del neonato Istituto ‘nell’Artigiano, l’Operaio, l’Agricoltore, l’Uomo e la ‘Donna di servizio‘, il manifesto esalta gli intenti moraleggianti e pietistici dei promotori, i quali hanno preso la ‘benefica‘ iniziativa per combattere la povertà, i vizi e le inclinazioni peggiori delle classi più umili ed educarle al risparmio, alla previdenza, alla temperanza, rendendole così ‘amanti dell’ordine, del giusto e dell’onesto‘ a tutto vantaggio della ‘pubblica sicurezza e della privata felicità‘.
Negli ‘Avvertimenti‘ conclusivi il manifesto indica i giorni e le ore di apertura dello sportello e ricorda le norme relative ai depositi, agli interessi e ai libretti.
Lo stesso giorno mons. Pila annuncia l’avvenimento al cardinale Mattei con questo laconico biglietto: ‘Nella mattinata di oggi è stata attivata la Cassa di Risparmio con soddisfazione generale‘.
Ecclesiastici
1. Mons. Gregorio Zelli Jacobuzzi, vescovo di Ascoli (due azioni); 2. Mons. Andrea Pila, delegato apostolico di Ascoli; 3. Abate del monastero di sant’Angelo Magno; 4. Don Francesco Antonucci; 5. Don Raffaele Antonucci; 6. Don Giuseppe Bernardini; 7. Don Pietro Costantini; 8. Don Luigi Crocetti; 9. Can. Angelo Ercolani; 10. Don Antonio Feliciani; 11. Don Giovanni Formica; 12. Don Giuseppe Fortini, vicario generale; 13. Don Felice Magnani; 14. Don Emidio Mancini; 15. Can. Giuseppe Pallotta; 16. Don Giuseppe Pascali; 17. Don Ferdinando Piccinini; 18. Can. Armideo Ventura.
Nobili possidenti
19. March. Emidio Alvitreti; 20. Luigi Ambrosi; 21. Emidio Arpini; 22. Giuseppe Bastoni, maggiore di riserva; 23. Luigi Cantalamessa; 24. Francesco Cappelli, gonfaloniere di Ascoli; 25. Cav. Ignazio Colucci; 26. Cav. Francesco De Angelis, comandante della piazza; 27. Giuseppe De Angelis; 28. Domenico Ferucci, consultore delegatizio; 29. Ignazio Lenti; 30. Teresa Liverotti; 31. March. Carlo Malaspina; 32. Ignazio Merli, industriale; 33. Giacinto Mucciarelli; 34. Ignazio Natali; 35. March. Caterina Odoardi; 36. Girolama Pacifici; 37. Cav. Orazio Piccolomini, tenente colonnello di riserva; 38. Conte Emidio Sacconi Rosati Ambrosi; 39. Conte Agostino Sacconi Rosati; 40. Contessa Cecilia Sacconi Rosati; 41. Conte Giuseppe Sacconi Rosati; 42. Conte Ludovico Saladini Pilastri, maggiore di riserva; 43. Bernardo Salvati; 44. Luigi Seghetti; 45. Conte Gabriele Serianni; 46. Cav. Ottavio Sgariglia Dalmonte, consultore delegatizio; 47. March. Vincenzo Sgariglia, soprintendente doganale.
Possidenti non nobili
48. Ferdinando Angellini; 49. Domenico Biondi, commerciante; 50. Giacomo Borsetti, commerciante; 51. Luigi Cardi, tipografo; 52. Francesco Cari; 53. Giampietro Cataldi; 54. Concetto Ciafardoni, esattore; 55. Paolo Conconi; 56. Antonio Doria; 57. Terenzio Ercoles, orefice; 58. Domenico Ferracuti, commerciante; 59. Emidio Fioravanti, calzolaio; 60. Gabriele Gabrielli, ingegnere provinciale; 61. Pio Garzia; 62. Pietro Giorgi, edile; 63. Giuseppe Giosafatti, avvocato; 64. Francesco Jachini; 65. Corallina Janni; 66. Sante Janni, amministratore camerale; 67. Luigi Jotti; 68. Pietro Jotti; 69. Giambattista Marcatili, industriale; 70. Conte Luigi Marcatili, commerciante e industriale (il titolo di conte era recente, essendogli stato conferito dal pontefice Gregorio XVI il 21 giugno 1840); 71. Gaetano Mazzocchi; 72. Ferdinando Moderati, commerciante; 73. Antonio Negri, commerciante; 74. Cav. Giuseppe Neroni, notaio; 75. Filippo Nozzi; 76. Paolo Nulli, commerciante; 77. Luigi Paci, maiolicaio; 78. Silvestro Paci, commerciante; 79. Annibale Paccaroni, depositario dei pegni; 80. Emidio Pallotta, commerciante; 81. Nicola Palmucci Pongelli; 82. Luigi Panichi, notaio; 83. Vincenzo Panichi; 84. Cristoforo Peslauser; 85. Mariangela Petrelli Capponi; 86. Francesco Pomponi; 87. Luigi Raggi, commerciante; 88. Benedetto Recchi; 89. Paolo Ricci, curiale; 90. Domenico Giuseppe Rumori, avvocato; 91. Rocco Sajenni; 92. Vincenzo Sergiacomi, consultore delegatizio; 93. Angelo Severini, commerciante; 94. Emidio Silvestri, industriale; 95. Domenico Silvestri, commerciante; 96. Tommaso Spalazzi; 97. Francesco Talianini, medico; 98. Gaetano Terrucci; 99. Giuseppe Tocchi; 100. Dionisio Traccialini, consultore delegatizio; 101. Antonio Tranquilli, avvocato; 102. Emidio Tranquilli; 103. Savino Valentini, commerciante; 104. Candido Vecchi, industriale; 105. Giovanni Vitali, conservatore delle ipoteche.
Il 3 luglio 1842 la Cassa di Risparmio di Ascoli iniziò la sua attività in due locali del secondo piano del palazzo dell’Arengo, concessi gratuitamente dall’Amministrazione Comunale.
Dal 1849 l’attività della Cassa si spostò nei locali del Palazzo Nardinocchi (oggi Cesari), presi in affitto.
Per ritessere la storia della costruzione della terza sede e fondamentale la documentazione conservata negli Archivi di Stato di Roma e di Ascoli. Il 28 agosto 1857 l’assemblea della Cassa decise di acquistare per duemila scudi un fabbricato medievale della mensa vescovile, che sorgeva di fronte alla facciata della chiesa di S. Francesco, con le annesse botteghe di Antonio Pallotta e della cappellania Michetti. L’atto di acquisto fu stipulato dal notaio A. Feriozzi il 29 gennaio 1858.
La costruzione dell’edificio (1858-1863c) diede luogo ad una controversia fra l’Istituto e il gonfaloniere Ludovico Saladini Pilastri. I termini della contesa sono sintetizzati in una memoria del delegato apostolico, mons. Giovan Battisca Santucci, rimessa al Ministro del commercio e dei lavori pubblici nel luglio 1858: ‘Vi ha in questa città una Cassa di Risparmio molto fiorente e di molta fiducia presso ogni ceto di cittadino, di guisa che nel breve lasso di pochi anni ha potuto conseguire un sopravanzo in utile netto che quasi cinquemila scudi. Anziché erogare tal somma ad altri usi, diviso l’Amministrazione della Cassa stessa impiegarla per pubblica utilità. Nel più bel centro del corso non solo con la massima deformità dell’ornato, ma con pericolo ancora dei transitanti vi avea […] una casa di questa mensa vescovile. [Dopo averla acquistata anche con l’intento di allargare la strada], la Cassa commetteva all’ingegnere Municipale (Marco Massimi, n.d.r.) la redazione di un disegno, e la perizia del lavoro […]. L’Ingegnere faceva due progetti: nel primo proponeva di sottoporre al muro della nuova fronte della casa verso il corso un portico […] e nell’altro l’edificazione del muro pieno con il massimo allargamento della via. Il secondo progetto fu approvato dall’assemblea dei soci , ma seguita la demolizione della facciata della vecchia casa [emerse] il brutto impedimento sul corso dell’esporgenza dei portici di S. Francesco’.
Per eliminare il ‘brutto impedimento’ il gonfaloniere Saladini Pilastri propose alla Cassa:
1. ‘di costruire un porticato sotto la nuova casa’, impegnandosi ‘a restringere la [Loggia dei Mercanti] per porre l’una e l’altra sulla linea medesima’;
2. di innalzare ‘il muro di facciata del nuovo edificio pieno senza portici, impegnandosi a restringere un poco’ la vicina Loggia;
3. di ‘togliere affatto nella sua integrità il Portico per ricostruirlo in altro luogo‘.
Rimessagli la soluzione della vertenza, il ministro del commercio e dei lavori pubblici interpellò il Consiglio d’arte dello Stato, il quale espresse il parere che ‘non si dovesse nè traslocare nè restringere il Portico, ma si dovesse anzi conservarlo intatto come monumento storico e d’arte’.
Di massiccia architettura neorinascimentale e con conci di travertino in vista foderanti parzialmente la casa preesistente (per allargare la via solo la facciata sul corso fu, comunque, innalzata ex novo dopo il taglio del fabbricato primitivo), l’edificio di Marco Massimi fu ampliato nel 1882 con l’accorpamento del vicolo delle Pignatte e di altre costruzioni private.
Nel 1914, dopo la costruzione della sede attuale, l’Istituto mise all’asta 1’edificio e la gara fu vinta dal farmacista Umberto Rosati, che offrì 153.666 lire.
Nei primi anni del Novecento si pose di nuovo per la Cassa di Risparmio il problema della sede, che si voleva più rispondente ai bisogni funzionali dell’Istituto, ma anche più rappresentativa del suo sviluppo e del suo presrigio. Per risolvere il problema nel 1905 il Consiglio di Amministrazione della Cassa di Risparmio pensò di acquistare il palazzo del Popolo, offrendo quarantamila lire al comune che l’aveva comprato dall’amministrazione provinciale per la stessa somma tre anni prima. Nel formalizzare la sua offerta, l’Istituto si impegnò a riportare il monumentale edificio allo stato prisrino su progetto dell’arch. Giuseppe Sacconi. La trattativa si arenò sul nascere, perchè l’elite culturale ascolana insorse contro la ventilata privatizzazione dell’edificio pubblico più ricco di storia e di significati della città.
Nel 1909, al momento della progettazione dell’attuale corso Trento e Trieste, il Consiglio di Amministrazione dell’Istituto pensò di edificare la nuova sede in questa arteria e precisamente nell’isolato perimetrato dalla via Giudea, rua David d’Ascoli, corso Mazzini e la strada da aprirsi. Poichè nel frattempo Giuseppe Sacconi era morto, la progettazione dell’edificio fu affidaca all’architetto Cesare Bazzani, Fresco vincitore di due importanti concorsi pubblici per la realizzazione della Biblioteca nazionale di Firenze e del Palazzo delle Belle Arri di Roma, oggi sede della Galleria d’arte moderna. Dopo l’acquisco delle case Giorgi e Del Grande, successivamence rivendute e demolite per costruire l’ex cinema Olimpia, gli amministratori dell’Istituto rinunciarono al progetto per non soddisfare l’esosità dei proprietari delle altre case dell’isolato ancora da comperare.
Per risolvere il problema della sede, nel 1911 la Cassa acquistò per centoventimila lire il palazzo dell’estinta famiglia Sgariglia in corso Mazzini. Il contratto era stato già concluso, quando l’amministrazione civica propose al presidente dell’Istituto Filippo Seghetti la permuta dell’ex dimora patrizia con il complesso monastico di Sant’Onofrio venduto dal Fondo per il Culto al Comune il 29 agosto 1900. L’offerta dell’amministrazione municipale fu accertata dal Consiglio di Amministrazione della Cassa il 9 maggio 1911 per la maggiore centralità dell’ ex monastero, costituito di settantatre vani, una chiesa e un ampio orto. L’arch. Bazzani, a cui il Consiglio di Amministrazione affidò l’incarico di disegnare l’edificio l’8 settembre 1911, previde la ricomposizione del prospetto trecentesco dell’ex monastero nella facciata posteriore della nuova sede.
Realizzata nel 1912-15, la sede della Cassa di Risparmio rispecchia la cultura ufficiale dell’epoca, un eclettismo che fonde stilemi rinascimentali, manieristici, barocchi romani, neoclassici e, nell’ornamentazione, Liberty. L’edificio, che si presenta come un robusto cubo, e caratterizzato all’esterno da una polifonia di motivi architettonici e decorativi di travertino e di cemento armato, i quali scandiscono ritmicamente gli spazi e muovono plasticamente le linee. Inondato di luce, l’interno esprime grandiosità e monumentalita soprattutto nell’atrio colonnato, nella scenografica tribuna, nello scalone marmoreo e nelle sale dell’assemblea, della presidenza e del consiglio. Indubbiamente uno degli edifici più belli e rappresentativi costruiti ad Ascoli nel XX secolo, il palazzo si confà alle nobili tradizioni artistiche della città ed è degno dell’importanza dell’Istituto, di cui simboleggia quasi la solidità e la floridezza. La costruzione della nuova sede comporto la rilevante spesa di L. 807 780.93. I lavori furono eseguiti dall’impresa edile locale Matricardi e Angelini sotto la direzione dell’ing. Enrico Cesari e dello stesso architetto Bazzani.
Dal mese di marzo dell’anno 2000 la Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno ha trasferito la propria sede amministrativa nei locali della Palazzina Meletti in via del Trivio 56.
Dal dicembre 2006 la Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno è tornata ad occupare i locali del palazzo di residenza della Cassa di Risparmio in C.so Mazzini.
Dal 1 ottobre 2017 gli uffici della Fondazione si sono trasferiti presso la Bottega del Terzo Settore, in Corso Trento e Trieste ad Ascoli Piceno.
Di seguito alcune foto di Palazzo Bazzani
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